Flowers - Intervista a Slevin Aaron
Come e quando hai iniziato a fare fotografie?
«La mia avventura con la fotografia è iniziata quasi nove anni fa, e non per caso. Da che ho memoria, sono sempre stato alla ricerca di una mia strada nel mondo dell’arte, attraverso poesia, teatro, computer grafica, libri e perfino film. Alla fine ho deciso di dedicarmi alle immagini e in quel momento ho capito che la mia ricerca era terminata e che avevo trovato qualcosa a cui volevo dedicare il resto della mia vita. Da quel momento, ho seguito il mio percorso fotografico! E’ stato, ed è ancora, il più grande viaggio della mia vita e spero non finisca mai!»
Puoi spiegarci le foto che sono state selezionate da Alidem?
«La prima serie è Flowers, un progetto a lungo termine. E’ un progetto a cui ho lavorato piuttosto a lungo e che è soggetto a cambiamenti modifiche, anche per l’evoluzione della semantica e dell’estetica. La prima foto era un solo ritratto racchiuso in un cerchio (Flowers Portrait); dopodiché ho terminato l’intera serie lavorando in studio. L’argomento erano alcuni dei problemi (come intolleranza, razzismo, omofobia ecc) delle persone nascoste dietro ai fiori. Una volta terminata, ho iniziato l’installazione successiva. Questa volta all’aria aperta, con l’intento di richiamare l’attenzione ad alcuni problemi che si possono trovare dappertutto, ma che non notiamo finché qualcuno non si espone in maniera particolare. Si può dire che questa serie cresce con me e crea una lunga e complicata storia nascosta dietro alla bellezza dei fiori.
Ognuna delle mie sessioni racconta una storia diversa, che nasce dalla mia immaginazione. Ognuna ha il proprio copione, la propria ambientazione e la propria importanza! Possiamo trovare, per esempio, la storia di Tristano e Isotta, la storia di Valchiria che affonda nel Walhalla, foto sulla vita di fratelli durante la guerra, e anche Flowers, che ho già citato prima».
Cosa puoi dirci riguardo la tua tecnica?
«Tutto quello che so, tutto quello che si vede nelle mie immagini, l’ho imparato da solo. Non ho mai preso lezioni di fotografia né frequentato una scuola. La mia scuola è stata provare, riprovare e sbagliare, e l’ho frequentata per diversi anni. Ho imparato non solo a scattare foto, a usare le luci, a scegliere il giusto equipaggiamento ma anche e soprattutto a pensare alla fotografia - e credo sia la cosa più importante. Ho sempre avuto qualcosa da dire, qualcosa da raccontare. Quindi, ho imparato a esprimerlo attraverso la fotografia. La storia da raccontare, per me, è sempre stata la parte più importante di una foto. Non volevo foto semplicemente belle ma anche interessanti. Come un libro o un film, con cui possiamo entrare in mondi diversi scoprendone i segreti. Ovviamente sono sempre molto attento alla qualità delle foto, alla post-produzione, alla selezione delle immagini, scegliendo i modelli giusti per interpretare il ruolo che ho immaginato per loro. Ciononostante, se dovessi descrivere in qualche modo la mia tecnica, la chiamerei “il modo di lavorare con le mie mani”. E’ molto importante per me che ciò che vedo attraverso il mirino della macchina fotografica sia già un’immagine pressoché pronta di per sé. Per questo motivo, prima di tutto scrivo quella che è la mia idea, poi creo l’ambientazione o trovo il luogo adatto, disegnando i costumi e la scenografia, tutto quello che serve per realizzare lo scatto. Ma sono una persona che continua a insegnare a se stesso, perché voglio continuamente scoprire cose nuove, esplorare percorsi sconosciuti, crescere e non riposare sugli allori. Quindi, nel settembre 2015 ho deciso di iscrivermi alla Accademia d’Arte di Szczecin, in Polonia, per ampliare le mie conoscenze e la mia tecnica».
Cosa significa per te “fotografia”?
«La fotografia per me è una tela su cui travasare ciò che si nasconde nella mia fantasia. Mi permette di creare arte e di testare le mie abilità, i miei punti di forza e le mie debolezze, e di scoprire chi sono come persona. Non è solo la mia più grande passione: è diventata la mia vita. E’ qualcosa di cui non posso fare a meno».
Sei ispirato da qualche fotografo o artista particolare?
«Parlando di ispirazione, ho sempre cercato di non “essere ispirato” ma di essere l’artista di me stesso. Ho una mole di idee tale per cui mi è sempre stato sufficiente estrarle dalle profondità della mia mente. Naturalmente ci sono molti artisti che ammiro, ma non ho mai provato a imitarne nessuno o a prendere in prestito le loro soluzioni. Sono un artista autodidatta con una considerevole immaginazione, e fino a che sarà possibile continuerò in questo modo!»
A cosa stai lavorando in questo momento? Hai dei progetti per il futuro?
«Oggi, la maggior parte del mio tempo è assorbita dai miei studi accademici: oltre alle foto realizzo anche molte altre cose, come sculture, oggetti, film, ecc. Ciononostante, cerco di non dimenticarmi di me stesso e non appena avrò un po’ di tempo libero mi dedicherò ai miei progetti. Ho talmente tante idee che la mente mi scoppia! Al momento sto progettando una serie di nuovi scatti che voglio realizzare a breve. Fra le altre cose, vorrei anche creare un’installazione completamente nuova della mia serie Flowers, e anche alcune nuove storie».