Ritratti industriali - Intervista a Federica Cogo
Quando e come ti sei avvicinata al mondo della fotografia?
«Sono laureata in pittura all’Accademia G.B. Cignaroli di Verona - città in cui lavoro - perciò ho maturato un approccio all’immagine più pittorico. Tuttavia, tali studi accademici mi hanno anche impartito nozioni di fotografia che ho appreso con grande interesse, a tal punto da usarla spesso nel mio percorso artistico futuro. Oggi infatti, per realizzare le mie opere, miavvalgo di fotografia, pittura e video insieme».
Cosa significa per te “fotografia”?
«É un mezzo per materializzare le idee che ho in mente. Anche la serie di Alidem Ritratti industriali, per esempio, deve essere concepita come veicolo per esprimere il mio pensiero, invece, quando viaggio, la fotografia diventa il punto di vista che intendo lasciare dell’immagine che mi sono fatta del posto».
Dunque cosa desideri esprimere con Ritratti industriali?
«La serie è costituita da cinque scatti intesi ad indagare il rapporto uomo-animale. In particolare, ho ritratto alcune specie e le ho contrapposte ai relativi prodotti industriali: la mucca per esempio è immersa nel latte, il maialino sovrasta una montagna di pancetta, la gallina è circondata dalle sue uova e la capra sprofonda nel formaggio. Così facendo ho voluto delinearli sia in quantotali, sia in quanto produttori di merce che compriamo nei supermercati».
Un accostamento dal gusto leggermente amaro…
«In effetti nelle mie opere emerge uno spiccato contrasto, voluto, tra l’immagine dolce degli animali ed il messaggio forte che intendo comunicare».
Riguardo alla tecnica invece?
«Alcuni scatti sono stati realizzati con luce ambiente usando un light-box, altri in studio con luce artificiale, al fine di restituire quell’effetto romantico desiderato. I soggetti sono modellini in miniatura: scelta influenzata dalla mia ricerca iniziale a proposito del mondo degli oggetti e dei giocattoli».
Vista la particolarità delle tue opere,posso sapere quali sono i tuoi modelli fotografici, se ne hai?
«Sono molti i fotografi che stimo, nello specifico Andres Serrano per la forza concettuale che esprime attraverso i suoi scatti. In realtà non ho veri e propri punti di riferimento a livello fotografico, anche se leggo e mi documento molto in proposito. La mia visione della fotografia artistica è molto intuitiva, per questo si differenzia da quella di un fotografo professionale che probabilmente, oltre ad usarla come mezzo primario, ha molte più conoscenze tecniche di me: io fotografo “di pancia”, quando scopro qualcosa che mi intriga cerco di immortalarlo per mezzo di inquadrature e posizioni studiate».
Di cosa ti stai occupando al momento?
«Al momento mi sto dedicando ad una serie fotografica improntata sul design del tavolo, allo scopo di proseguire una ricerca iniziata parecchio tempo fa a proposito degli oggetti e dei giocattoli. In questo caso il tavolo diventametafora della famiglia o della coppia, resa per mezzo di disegni in digitalein cui sperimento varie forme. Si tratta di un lavoro diverso, ma concettualmente coerente con il mio percorso artistico».