Un viaggio nell'anima - Intervista ad Andrea De Amici
Quando ti sei avvicinato al mondo della fotografia?
«Sono stato attratto dalle immagini sin da quando ero bambino. Poi in gioventù ho iniziato a fotografare con delle macchine fotografiche analogiche non con delle Reflex e a quel punto ho cominciato ad appassionarmi sempre di più. Con il passare del tempo la fotografia si è tramutata in un impegno vero e proprio in cui ho investito molto sia in termini di studio che di tempo».
Qual è il tuo percorso formativo?
«Ho frequentato diversi corsi di fotografia oltre a workshop di ritrattistica e reportage di viaggio: i miei generi preferiti e per i quali credo di essere più portato».
Infatti Alidem dispone di un’ampia scelta di tuoi scatti di reportage…
«Effettivamente tutte le fotografie di Alidem sono state eseguite durante viaggi da me compiuti in Italia e all’estero. Si tratta per lo più di paesaggi “rubati” all’Islanda e alla Toscana. Le mie opere vogliono essere storie raccontate per mezzo del reportage non sono scatti di posa. Nella Cascata di Kirkjufellsfoss per esempio ho utilizzato due tecniche diverse: una per il cielo e una per l’acqua. Così facendo sono riuscito a rendere sia l’intensità dei colori del primo sia la sensazione di fluidità che esprime la seconda. A ben guardare l’acqua assomiglia alla seta. In poche parole ho voluto creare un contrasto tra ciò che scorre e ciò che è ciò che permane».
Dove l’hai scattata?
«In Islanda nell’agosto del 2014. L’ho eseguita quasi completamente in scena solo in un secondo momento ho applicato dei filtri che mi hanno consentito di ottenere il risultato sperato. C’è pochissima postproduzione perché preferisco lavorare in scena per l’appunto piuttosto che intervenire massicciamente dopo».
Devo dedurre tu abbia usato filtri anche per le altre foto….
«Esatto. Il rumore del silenzio di Djupavik intende riprodurre la quiete che regnava al momento dello scatto nell’omonimo fiordo islandese. Anche in questo caso l’acqua è stata resa per mezzo di filtri che l’hanno trasformata in qualcosa di etereo molto simile alla nebbia che l’avvolge. La differenza tra la parte inferiore e superiore della foto è sottilissima».
E Cascata Selfoss?
«Le tonalità scure della Cascata Selfoss assomigliano abbastanza a quelle de Il rumore del silenzio di Djupavik. Tuttavia in questo scatto ho accentuato i colori del cielo per conferire maggiore drammaticità. La cascata di Selfoss segna il percorso del fiume Jökulsá a Fjöllum nel nord dell'Islanda ed è uno degli spettacoli naturali più belli a cui io abbia mai assistito».
Che valore attribuisci al viaggio?
«Adoro viaggiare sia perché credo sia fondamentale per la crescita culturale di ognuno sia perché i luoghi a me sconosciuti rappresentano un campo d’azione fotografica assai stimolante. Spesso organizzo anche viaggi per appassionati di fotografia che di fatto sono veri e propri workshop per i quali coordino sia la fase logistica che quella fotografica; si parte insieme per la destinazione programmata e sul posto insegno le tecniche migliori per ottenere effetti particolari».
Se non mi sbaglio tu insegni fotografia nel milanese è vero?
«Sì sono solito tenere corsi di fotografia digitale durante i quali insegno le strategie e i principi fotografici adatti per realizzare immagini tecnicamente corrette e creative insieme».
Torniamo alle altre opere di Alidem. Cosa ci racconti de L’anima calda dei vulcani?
«La foto ritrae il grande Geysir situato nella valle di Haukadalur ancora una volta in Islanda. Il geyser (getto d’acqua calda che fuoriesce dal terreno)oltre ad essere molto imponente è ritenuto dagli studiosi il più antico al mondo. Una volta arrivato di fronte al “gigante” ho aspettato il momento migliore per immortalare quello spettacolo straordinario. Successivamente ho applicato dei filtri all’immagineperché se da una parte avrei desiderato creare un’atmosfera più calda dall’altra ero interessato soprattutto a restituire l’intenso odore di zolfo che normalmente pervade l’intera zona circostante».
L’essenza della solitudine e La luce della speranza immagino siano state scattate nello stesso luogo…
«Sì entrambe le foto sono state scattate durante una mia trasferta in Toscana tre anni fa. Il tulipano de La luce della speranza è illuminato da una sorgente luminosa artificiale mentre il cielo da una naturale. Una volta terminato il lavoro ho unito le due composizioni e ho ottenuto un risultato per me molto soddisfacente».
C’è per caso qualcosa o qualcuno da cui trai ispirazione per dare vita alle tue opere?
«A dir la verità i miei scatti generalmente avvengono di pancia non c’è premeditazione sono spontanei. Per esempio appena ho visto quel paesaggio incantevole de L’essenza della solitudine mi sono “innamorato” dell’albero solitario sulla collina che mi ha trasmesso immediatamente una forte sensazione di malinconia».
Alla luce di quanto emerso durante l’intervista credo il tuo lavoro sia caratterizzato da una forte componente sonora oltreché visiva. È così?
«È giustissimo. In molte mie fotografie sembra di sentire suoni. Mi piace l’idea di ricreare l’ambiente che ho trovato al momento dello scatto innanzitutto per far sì che lo spettatore possa viaggiare insieme a me ma anche per trasmettergli le emozioni che ho provato davanti a certe bellezze naturali. Voglio parlare all’anima dell’uomo e nella fotografia ho trovato il mezzo più adeguato per raggiungere il mio scopo».
Quali eventi hai in programma nei prossimi mesi?
«Per il momento il reportage di viaggio mi sta impegnando molto; a breve per esempio ho in programma un viaggio in Norvegia per realizzare una serie dedicata all’aurora boreale».